La presenza nell’ordinamento costituzionale italiano del c.d. principio personalista non comporta che si debba obbligatoriamente giungere, attraverso la via legislativa, ad una interpretazione “integralista” della dignità individuale sino a rendere necessario il diritto a fare cessare la propria vita – sia pure a seguito di valutazioni medico-scientifiche circostanziate e dirette a fare emergere condizioni esistenziali ritenute non più sopportabili dal soggetto interessato e del tutto in grado di autodeterminarsi – con mezzi e strumenti messi a disposizione dalle autorità pubbliche. Un intervento normativo in questo campo così fortemente interferente con la “sensibilità sociale” (e anche con la sfera affettiva di chi è vicino al soggetto “debole” e in grave sofferenza psico-fisica) appare dunque oggettivamente complicato proprio alla luce della necessità di contemperare la “dignità individuale” della persona con la sua “dignità sociale”, connessa alla condizione generale nella quale versa ogni essere umano all’interno della più complessa relazione con le stesse inevitabili norme di natura afflittiva.
In the Italian law, the so-called personalist principle does not imply a duty to interpret the individual dignity in a “fundamentalist” way. In other words, there is no need for a legislative path to establish an individual right for a person to end his or her life through the use of means and instruments made available by public authorities, even if this decision is supported by medical-scientific assessments and is taken by a person capable of self-determination. This area of policy interfere with the “social feeling” (and also with the affective sphere of the sufferer’s closest relations), so a regulatory intervention would be complicated to achieve because of the need to balance the “individual dignity” of a person with his “social dignity”, which is connected to the condition of every human being in relation with the punishment law.